Padre Luciano Verdoscia è un missionario comboniano che lavora tra i bambini di una baraccopoli del Cairo dove grandi e piccoli, in particolar modo donne e bimbi, per sopravvivere sono costretti a raccogliere e selezionare la spazzatura. Nel degrado generale, l'opera di padre Luciano è tesa a ridare speranza ai bambini poveri del quartiere, senza distinzione di religione, cultura e appartenenza etnica, sostenendo la loro formazione scolastica e la loro salute mediante un aiuto pedagogico, l'assistenza sanitaria di base e la garanzia di un alimentazione adeguata.

Abbiamo ricevuto da padre Luciano una riflessione-testimonianza sul Natale nel quartiere di Eizbet el Nakhl, che pubblichiamo di seguito.

(Giovedì, 8 gennaio 2009)

Cairo, Natale 2008

 Carissimi,

Oggi la puzza ad Eizbet el Nakhl è particolarmente forte, acida, penetrante sino alla nausea. Anche le nostre operatrici che pure vengono dallo stesso quartiere, mostrano segni d’insofferenza. Non sono solo gli odori che si sviluppano dalla decomposizione dei rifiuti organici a rendere il fetore insopportabile ma anche le fogne, che ormai da varie settimane inondano la strada che conduce al nostro Centro dei ragazzi. Anche all’interno della palazzina le acque fognarie traboccano dal pozzetto situato sotto la stretta rampa di scala che va ai piani ed alle classi. Abbiamo più volte chiamato degli idraulici, che qui, in questo quartiere, si immergono senza problemi a piedi nudi nel putridume degli scarichi cercando con le mani e attrezzi da sturo di tirar fuori ciò che potrebbe ostruire il tubo, ma il problema è l’insufficiente capacità della rete di gestire il deflusso delle acque sporche, piene di tutto.

Una maestra mi suggerisce di sospendere il programma per qualche giorno perchè è diventato difficile accedere al Centro. Bisogna camminare su pietre appositamente messe, cercando di non scivolare nella melma. Dopo essermi consultato con alcuni responsabili abbiamo pensato di continuare. E’ un po’ più difficile del solito ma qui un problema in più o uno in meno non fanno poi tanta differenza. Il disastro ambientale è tale che occorreranno lunghi anni prima di poter vedere delle incisive modifiche.

All’interno della modesta struttura cerchiamo comunque di far sì che le piccole aule in cui si raccolgono i nostri ragazzi siano tenute pulite. Continuiamo a spiegare la necessità dell’igiene e dell’ordine come sistema di vita, e speriamo vivamente che nel tempo incideremo un pochino nel rendere i nostri bambini, gli adulti di domani, capaci di potere meglio gestire gli spazi di vita.

Qui, ai confini del mondo, non sono tante le persone che vengono a trovarci. Non è facile arrivare in questo angolo della Terra e tanto meno pensare di poter svolgere un po’ di volontariato, ma, nonostante tutto, sono sempre sorpreso da coloro che hanno il coraggio e la costanza di dedicare qualche ora la settimana ai bambini del nostro povero mondo.

Di tribolazioni e difficoltà, per essere franchi, ne abbiamo attraversate tante, ma non saremmo grati a Dio se non vi comunicassimo che quest’esperienza ci riempie di gioia.  É gioia vera quella che riesce a trasformare tutto: la puzza in profumo di cielo e, un mondo da cui i più vorrebbero scappare in luogo desiderato per incontrare uomini, donne e bambini, necessitosi ma amati da Dio di un amore eterno.

Nel pensare al natale mi sono chiesto cosa significa per me attendere il Signore, o mettersi in cammino guidato dalle stelle come i magi, o ricevere l’annuncio degli angeli come i pastori. Ricordo con rinnovato stupore le scene del presepe, che da bambino con mio padre ed i miei fratelli, d’anno in anno si componeva: ‘…ecco qui i pastori con le pecore; i magi qui, invece, in marcia, lontani dalla grotta, in fondo sulle montagne, per giungere da Gesù il 6 Gennaio.

La realtà mi sollecita a guardare davanti sul nostro affollato e disastrato quartiere. D’improvviso, mi viene a mente che Gesù oggi, come ieri, nasce per noi, qui, in una stalla. Sapete.... che il nome dato al quartiere dei raccoglitori di immondizie è ‘Zaraib’ che significa ‘stalle’? Beh è proprio così a motivo degli asini, delle capre e dei maiali che nella zona in cui operiamo vengono allevati e che, insieme a cani, gatti e miriadi di topi, strapopolano questo quartiere. Forse, se il Signore avesse concretamente scelto di nascere in quest’epoca, e...al Cairo, forse..., dato lo stile che caratterizza gli interventi di Dio, non avrebbe disdegnato questo posto. Chissà come sarebbe questa baraccopoli, stracolma di rifiuti, la notte di natale se gli angeli la adornassero di luccichii dorati ed argentati e se cantassero le melodie del cielo:

“...Adeste fideles....

...Tu scendi dalle stelle…

...Gloria a Dio nell’alto dei cieli....”

Carissimi, Dio ha veramente posto la sua dimora tra i derelitti della terra!                                                          

Buon Natale!

p. Luciano, i suoi collaboratori e

tutti i bambini

 

Sono trascorsi ormai più di tre anni da quella domenica di settembre, quando don Dino, nel corso della Messa delle 10.30, ha salutato la comunità chiaravallese, prima di assumere l’importante e impegnativo incarico di Rettore del Pontificio Seminario Teologico Regionale “San Pio X” di Catanzaro. I quindici anni che don Dino ha trascorso tra la gente di Chiaravalle sono stati, sotto ogni aspetto, un grande dono del Signore. Dal punto di vista religioso, ci ha insegnato a vivere la fede in maniera autentica, nella libertà propria dei figli di Dio, senza fardelli o orpelli e tanto meno eccessi devozionistici, radicata esclusivamente sul messaggio di salvezza del Vangelo. Straordinari i frutti vocazionali che sono stati raccolti prima con il sacerdozio di don Ivan e che tra non molto matureranno con quello di Alessandro. Dal lato sociale, sono stati quindici anni fecondi di iniziative di solidarietà vera, realizzate rimanendo sempre vicino a tutti e sensibile alle esigenze di ogni parrocchiano, come il buon pastore che ha cura delle sue pecorelle. Non è possibile poi enumerare le associazioni che, in quel clima di partecipazione e di confronto, sono nate, cresciute e che con la loro attività, sempre stimolata e promossa da don Dino, hanno contribuito a vivacizzare e migliorare l’intero contesto sociale. Ma, don Dino ha pensato anche ai luoghi di culto, ridando dignità alle nostre chiese, perché su quelle pietre materiali potessero anche crescere le pietre più importanti dello spirito.

Ecco perché a oltre 3 anni da quell'11 settembre 2005 diciamo ancora grazie a don Dino per essersi speso completamente per la nostra comunità. Ecco perché oggi pubblichiamo il testo dell’omelia che pronunciò quella mattina in Chiesa Matrice, come un testamento, un lascito prezioso per tutti noi.

Caro don Dino ti sei allontanato da noi, solo fisicamente, di pochi chilometri, ma non sarai mai lontano dai nostri cuori.

                                                                                       Gianfranco Mammone

(Giovedì, 23 ottobre 2008)

IO CHE HO AMATO SOLO TE, SIGNORE

(l'omelia e il saluto di Don Dino dell'11 settembre 2005)

(Il testo in formato .doc è scaricabile anche da qui )

   Carissimi,

capite bene come non sia facile, in questi momenti, prendere la parola… ma come tacere, anche se bloccato dall’emozione, di fronte alle meraviglie dell’amore di Dio?

   Amore grande e misericordioso, che ci invita ad essere uomini e donne di perdono… perché il vangelo di oggi ci mostra come già grande e sconfinato è il suo perdono per noi, debitori di “diecimila talenti”! Un immenso, favoloso “tesoro”,  se pensiamo che un solo “talento” al tempo di Gesù era qualcosa come 35 kg di oro!!

Come ricambiare questo tenace amore che il Padre ha nei nostri confronti?…

    Qui sta il segreto della nostra gioia o della nostra terribile tristezza e solitudine “quante volte dovrò perdonare…fino a sette volte?”

Nella risposta di Gesù : “…fino a settanta volte sette”, cioè sempre, è racchiusa la risposta alla nostra sete di felicità!

Per capire meglio questo momento di storia della mia vita personale e della comunità di Chiaravalle, voglio confidarvi alcuni “pezzetti” del mio passato:

1. Ad un certo punto della mia esperienza giovanile ho incontrato gli scout; un loro motto dice “lasciare il mondo un tantino migliore di come lo trovi”. Inoltre condividendo insieme agli altri le faticose camminate in montagna, con zaino in spalla e sacco a pelo per dormire in tenda, con lo stretto necessario per evitare inutili pesi, mi sono formato al gusto per l’essenziale. Alla fine dei campeggi, al fuoco di fraternità dell’ultima sera, non mancava mai la canzone “ è l’ora dell’addio, fratelli, è l’ora di partir… il canto si fa triste è ver: partir è un po’ morir”… ma poi, nelle lacrime, si continuava a cantare  la speranza  “Ma noi ci rivedremo ancor, ci rivedremo un dì…arrivederci si…iddio che tutto vede e sa ci voglia benedir,… ci voglia un dì riunir”

2. Un altro tassello della mia formazione è stato l’incontro, nella parrocchia francescana di Madonna di Pompei, con il messaggio di san Francesco D’Assisi, con la sua “madonna povertà” per amare più profondamente e in libertà, con il suo incantarsi davanti alla natura “fratello Sole, sorella luna…Laudato sie mi Signore… per le stelle e le Orchidee…” , imparando dal poverello frate minore, che si piange solo perché  “l’Amore non è amato” e anche quando gli altri non ti capiscono e ti sottovalutano: “scrivi Frate Leone, ivi è la perfetta letizia”… e soprattutto mi ha insegnato che il vangelo si vive per intero, senza aggiustamenti di comodo!

3. Poi… sempre nell’arco di quegli anni giovanili, è arrivato il momento di affidarsi ad un maestro spirituale… è lì sono bastate poche frasi per cambiare i miei sogni: “ se questi e queste, perché non io?”…”avere a cuore l’Eterno!”…e ho accolto con trepidazione la vocazione sacerdotale  dicendo 26 anni fa: “Eccomi”!

 

   Dice ad un certo punto una celebre canzone d’amore napoletana: “quando si dice SI, tienilo a mente!”. Quindici anni fa, quando il Vescovo mi mandò a Chiaravalle come parroco, scrisse queste consegne nella bolla di nomina: “Esperto come sei in umanità e in carità, quale direttore diocesano della Caritas, riproponi, per una evangelizzazione, la novità del progetto di Cristo per l’uomo, preoccupati come siamo, della perdita o della attenuazione della memoria evangelica, anche tra la nostra gente. So che a Chiaravalle e in tanti paesi dell’Arcidiocesi si conservano tuttora, molto vive, tradizioni di pietà e di religiosità popolare cristiana che rischiano di essere fiaccati dal consumismo, dall’indifferentismo e dal fiorire delle sette. A te, nuovo parroco, il compito e la gioia di rilanciare nella fede, il vero volto della parrocchia che è la chiesa stessa, posta in mezzo alle case degli uomini, solidale con le aspirazioni e i loro drammi. Coinvolgi, da protagonisti nel proprio ruolo e con i propri carismi, i fedeli laici. Studia bene la dimensione del territorio. Evangelizza la famiglia che ti affido non soltanto nel binomio Parola-ascolto ma con la “sinodalità” nel senso generale del “camminare insieme”, come stiamo facendo, da qualche anno in diocesi, con la celebrazione del primo sinodo. i poveri, i semplici, i cosiddetti “lontani” ti vedano come epifania del Dio Amore. i fanciulli ti salutino come maestro dell’unico e vero Maestro…”  E nella successiva conferma con la nomina di don Gianni come parroco in solidum, in data 11 ottobre 1999, mons. Cantisani tornava a indicare … “la comunione presbiterale sarà una vera gioia per i presbiteri e un esempio di carità per il popolo di Dio che si avvia a celebrare il grande giubileo del 2000.” Anche io, nel primo Natale vissuto insieme, nell’ormai dicembre 1990, mi impegnavo con tutti voi scrivendo : “In questi primi giorni di vita chiaravallesi ho voluto ascoltare tutti: grandi e piccoli, famiglie e giovani, amministratori pubblici e gente semplice…voglio continuare a farlo ancora per rendermi conto sempre più delle vostre attese e delle vostre esigenze. Nei miei anni di sacerdozio, ho capito che la parrocchia non può diventare un circolo privato riservato a pochi, ma vuole essere la “casa di tutti” specialmente dei più poveri e deboli; deve diventare come diceva Papa Giovanni “la fontana del villaggio” dove tutti attingono gratuitamente l’Acqua Viva della Grazia di Dio e nello stesso tempo diventa luogo dell’incontro e del dialogo! Quindi mi raccomando: fatevi “vedere”! Partecipate alle varie iniziative che vi comunicheremo di volta in volta, date la vostra disponibilità in base alle vostre competenze ed esigenze di tempo: il poco di molti vale più del molto di pochi! la parrocchia siamo NOI!”

 

    Che ne dite? Fare un bilancio? Quello economico è facile, basta consultare i registri e c’è da rimanere sbalorditi: 2 miliardi e 131.979.880 lire (=1.101.075,72 di Euro) di entrate e  2 miliardi 117.817.830 lire (= 1.093.761,63 di Euro) di uscite!! Solo per  lavori  abbiamo speso 1 Miliardo 139.553.385 lire  ( =588.530,72 Euro). E sapete bene come si presentavano le chiese nel 1990: in Matrice mi pioveva in testa durante l’omelia della notte di Natale, il Cuore di Gesù era chiusa per ordinanze del Genio Civile a causa del soffitto pericolante, la Foresta era tutta in cemento e mattoni a vista. Ma nonostante tutto, abbiamo avuto la possibilità di impiegare per impegni di carità spicciola o di solidarietà con progetti di promozione umana per il sud del mondo pari a 116.308.772 lire (= 60.068,47 Euro) .

   Ma il bilancio che conta di più è quello spirituale? Sono stato fedele, con tutti i miei limiti, fragilità e peccati, al mandato del vescovo? NO, la risposta non può essere diversa da quella che diciamo ad ogni fine festa della Madonna della Pietra: “Come è andata?”: VEDIAMO DA DOMANI!!  Davanti a Dio quello che conta non è quello che si è fatto, ma QUELLO CHE SI E’ VOLUTO ESSERE.

    E’ stato bello aver condiviso con voi il cammino: 15 anni fa, la prima volta che passavo per la Sorbia e gettando uno sguardo panoramico su tutto il paese, ebbi ad esclamare: “mamma mia come è grande, come farò?”.  Ora per quasi ogni finestra so chi c’è dietro, quali gioie o drammi vive quella famiglia… anche il cimitero mi è “vivo”: almeno mille persone, tra grandi e piccoli, hanno avuto una mia benedizione prima della sepoltura, alcuni sono morte nelle mie mani, e tante sono state le lacrime di dolore o di gioia condivise e asciugate, e inquietanti  gli interrogativi  affrontati…

 

Cosa mi porto da Chiaravalle?

   Non è possibile elencare le emozioni, i volti, le esperienze… mi sfuggirebbe senz’altro qualcosa. Ma forse si potrebbe trovare un unico principio dentro il quale mettere tutto. Sono immensamente grato con tutti voi perché mi avete dato il senso delle “radici”: vivere 15 anni fermo in un posto mi hanno restituito l’esperienza del tempo che passa, della crescita, delle stagioni della vita… in 15 anni il bambino che ho battezzato e tenuto in braccio davanti all’altare ha ricevuto la Cresima ed è diventato più alto di me! …Ragazzi che si sono fidanzati, che ho celebrato il matrimonio, ora sono padri e madri di più figli, …tanti bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione dalle mie mani ora lavorano e vivono fuori Chiaravalle,… in tanti anziani ho rivissuto gli affetti dei miei nonni, che guarda caso, uno era contadino e l’altro pastore! …Nelle case di campagna, tra gatti, pecore, mucche, maiali e galline, e guardando i campi nelle varie stagioni dell’anno,  ho rivissuto gli odori e i rumori della mia infanzia, quando passavo le vacanze al paesello in Sicilia… il fumo del focolare, l’acqua per innaffiare e soprattutto la fede semplice e forte delle donne, che a piedi si partono dalle parti più sperdute pur di non mancare a Messa la domenica, e che poi in questi giorni mi hanno abbracciato e piangendo dispiaciute mi dicevano “comu nu patri”…a me che potevo essere loro nipote!!      

   “Il senso delle radici”, che il Chiaravallese, anche se emigrato in America o in Svizzera, nella festa e nell’immagine della Madonna della Pietra, trova quella forza per continuare a lottare nel quotidiano, ad attingere all’onestà e alla generosità, alla ospitalità, al senso del sacrificio e all’attaccamento alla famiglia dei propri antenati: valori sempre più rari da trovare attorno, ma dei quali vi assicuro sono terribilmente assetati i nostri ragazzi, alla ricerca di testimoni semplici e autentici per andare avanti con speranza.

   E  poi come cristiani sappiamo che le vere Radici sono “nel cielo”! Pertanto davvero grande è la gratitudine per tutti voi: quando penso alla vostra crescita, ai vostri volti, alla storia condivisa… ringrazio il Signore perché amandovi e condividendo la vostra storia, ho capito meglio la dimensione dell’Eterno… si, le nostre “radici sono nel cielo”!

   Grazie, immensamente grazie! Ora capisco meglio il mio cammino; ancora più convinto posso ripropormi di AVERE A CUORE L’ETERNO.

   E “perdonatemi di cuore” ogni mio errore e mancanza.

 

Cosa vi consegno?

   Semplicemente quello che stiamo facendo e che ha caratterizzato tutto il mio tempo in mezzo a voi: La Messa domenicale, soprattutto questa delle 10,30 , dove si esprime in modo completo quello che è la parrocchia: “una famiglia di famiglie… la fontana del Villaggio dove tutti vengono ad attingere l’acqua viva del Vangelo e dei Sacramenti”.

   “Senza la Domenica non possiamo vivere!!”: questo grido gioioso dei martiri di Abitene del III secolo, i vescovi italiani hanno voluto che riecheggiasse anche ai nostri giorni e lo hanno messo come slogan per il Congresso Eucaristico Nazionale di Bari del maggio scorso.  E’ di domenica, 2 dicembre 90, prima di avvento, che ho iniziato ad abitare con voi… è di domenica, oggi 11 settembre 2005, domenica della Misericordia di Dio e del perdono reciproco, che riparto… zaino in spalla, ricco solo del vostro amore, per raccontare ai futuri sacerdoti calabresi che si preparano nel Seminario S.Pio X di Catanzaro, di quale prete oggi ha bisogno la gente di Calabria.

   Nella Messa domenicale c’è il cuore pulsante della Comunità parrocchiale: abbiamo il Pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia, e l’invito alla fraternità, nonostante si proviene da strade e case diverse. Da questo appuntamento, che sicuramente mi mancherà tanto in futuro, abbiamo trovato l’energia per amarci nonostante la diversità, tra sacerdoti (quanti hanno viaggiato con noi… don Mimmo, don Maurizio, don Cesare, don Gregorio, don Simone, don Giuseppe, gli indimenticabili fratelli africani don Gerome e don Joseph… e ora don Antonio e don Gianni) frati cappuccini, suore e fedeli …  

   Da questa Eucaristia Domenicale abbiamo attinto la forza per impostare la catechesi e portare la vita con i suoi drammi e le nascoste speranze nella liturgia… ancora da qui per il coraggio di testimoniare l’amore, la caritas, per i più poveri e abbandonati, per ripartire dagli “ultimi”, per sognare un mondo pacificato da ogni conflitto…

   Siete in tanti… vi ritroverete domenica prossima? Ha avuto un senso la mia presenza in mezzo a voi? Certamente lo sapremo tra qualche anno, nel modo con cui continuerete il cammino con don Gianni (a cui va il mio affetto e la mia stima… e chiedo perdono se a volte l’avrò fatto soffrire: vi assicuro che non era assolutamente nelle mie intenzioni!!), nel modo con cui accoglierete e insieme collaborerete con l’altro parroco e con le istituzioni presenti nel territorio: l’Amministrazione Comunale, le forze sociali ed istituzionali e soprattutto con il mondo della scuola: quanti progetti ed esperienze abbiamo vissuto insieme!!

 

   La “processione” continua… “ci rivedremo un dì”… io resto indietro, i vescovi mi hanno incaricato di  preparare le nuove guide del popolo di Dio, futuri sacerdoti che sappiano indicare a loro volta le strade del Regno Eterno del nostro Padre Amabilissimo. Come facevo a dire di “NO!” a questa chiamata? E se vedevo solo il mio “stare ormai bene” qui a Chiaravalle, con quale limpidezza e trasparenza avrei annunciato a voi e ai vostri figli il Vangelo di Gesù?

 

   Da padri, dobbiamo imparare a metterci da parte per dare libertà e futuro alle giovani generazioni: noi sacerdoti siamo solo “strumenti”, ecco perché da quando ho avuto la conferma della nomina a Rettore del Seminario  mi sono “messo da parte” e non ho più messo il microfono davanti ai gradini… da qui, vedete meglio CHI ho voluto annunciarvi, A CHI ho voluto farti attaccare: a Gesù e a Maria, sua e madre nostra!

   E’ bello essere prete così: truppa “leggera” , prete “senza casa” (come mi ha definito Walter) perché sia “di casa” presso tutti…prete, a volte bistrattato, insignificante, non calcolato…ma necessario per essere certi che le gioie siano vere e le lacrime siano asciugate… gente che non viene mai in chiesa ma che poi domanda “perché ve ne andate?…Quando passo la luce non sarà più accesa! … sarà ancora aperta la porta della canonica ?”

 

        Io che ho amato solo Te, Signore

Ancora una canzone mi servirà per cucire i vari sentimenti di questo giorno così particolare… l’ho sentita per radio l’altro giorno quando si comunicava la morte di Sergio Endrigo… Io la faccio mia , trasformandola in preghiera al Signore e alla Madonna della Pietra e… portandovi tutti nel cuore:

 

C’è gente che ama mille cose e poi si perde per le strade del mondo…

io ho avuto solo Te e non ti perderò, non ti lascerò per cercare nuove avventure

io che amo solo Te

ti regalerò quel che resta della mia gioventù.

 

 

don Dino                            

 

Chiaravalle Centrale, domenica 11 settembre ’05

 



Cliccando sul player sottostante potrete ascoltare le parole che Don Tonino Bello pronunciò a Serra San Bruno l’11 aprile del 1992, durante la giornata diocesana della gioventù. E’ un documento eccezionale che ci ricorda la figura ed il messaggio di un testimone autentico del Vangelo e della pace. Sono parole ancora vive.

Don Tonino Bello Serra San Bruno 11.04.1992

Per chi volesse scaricare il file può farlo andando alla sezione download del sito, nella categoria testimonianze.

Chi desidera approfondire  su Don Tonino Bello può visitare  dontonino e paxchristi

Don Tonino Bello (da www.paxchristi.it)

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