8 aprile 2007Gesù risorto

               E’ questo il saluto con il quale i cristiani ortodossi si scambiano gli auguri per la Pasqua, richiamando l’annuncio dell’evento centrale nella storia dell’umanità.  Una grande luce si è aperta sul destino degli uomini  illuminando di speranza il nostro cammino verso la vera dimensione della vita, quella definitiva che supererà la morte e potrà godere della visione di Dio.

               Il cuore non può che esultare di gioia di fronte ad una così grande donazione di amore, davanti a Gesù che sconfigge il potere delle tenebre, dopo essere stato umiliato, torturato, condannato a morte, crocifisso come il peggiore dei malfattori. Un patibolo ignominioso genera la più grande rivoluzione, la più grande vittoria, quella di un Dio che ha voluto riepilogare in sé tutte le sofferenze dei deboli, tutte le violenze fisiche e morali che ogni giorno tantissimi uomini e donne subiscono dai loro simili, tutte le ingiustizie perpetrate per la sete di potere. I vinti, gli sconfitti secondo la logica degli uomini si trasformano in vincitori secondo la logica di Dio.

               In questo giorno così esaltante voglio dare il mio augurio a tutti. Voglio darlo in particolare modo alla mia cara Chiesa Cattolica, perché anche Lei, che è madre, ha bisogno di riaprirsi alla speranza. Di non rinchiudersi nelle sue paure e nel suo ritualismo, di parlare di più al cuore degli uomini, di annunciare il Vangelo piuttosto che proclamare la legittimità o meno degli atti giuridici, di perdonare e usare misericordia piuttosto che giudicare e condannare. Che tristezza una Chiesa che parla di regole più che di tenerezza e di amore, una Chiesa che fa del legalismo il centro dei suoi pensieri.  Anche i Sommi Sacerdoti del Sinedrio erano legati a miriadi di regole senza però comprendere il cuore della Legge, da cui deriva tutto il resto: l’amore. Hanno condannato per paura che il loro potere fosse scalfito, che quell’annunzio così rivoluzionario potesse infrangere il conformismo sociale su cui vivevano.

               Dio ci ama per come siamo, nelle nostre debolezze, nelle nostre contraddizioni, nei nostri quotidiani tradimenti, e così dovrebbe fare anche la Chiesa.

Sarebbe meraviglioso se la Chiesa con coraggio riscoprisse la sua primavera, recuperasse l’essenzialità della buona novella, la freschezza del suo messaggio. C’è tanto bisogno di questo "ritorno alle origini", altrimenti le pecorelle del gregge non potranno che trascinarsi in una fede magari ossequiosa ma stanca e ripetitiva.

               Ma, oggi è un giorno di felicità perché Cristo è risorto, è veramente risorto.

domenica, 18 marzo 2007Sfondi 08

 …non possiamo nascondere che talvolta siamo presi dallo sconforto e dalla tristezza, perché qualcosa non va proprio come avremmo voluto, perché quell’amico ci ha deluso, perchè…

…perché tendiamo a crearci di tutto, anche delle persone, immagini e stereotipi nostri, e quando la realtà si allontana da essi allora ci sentiamo spiazzati.

Anche gli altri si creano di noi una loro immagine e pure rimangono sovente delusi dai nostri comportamenti difformi.

E’ l’imperfezione della nostra natura umana, di cui dobbiamo prendere coscienza. Se non lo facciamo rischiamo di rimanere paralizzati, di fare scorrere il nostro tempo in una vita non vissuta.

Ieri sera stavo pensando a tutto ciò, quando mi sono imbattuto in questo pensiero-poesia di Pablo Neruda.

Lentamente muore
              chi abbandona un progetto
              prima di iniziarlo,
              chi non fa domande
              sugli argomenti che non conosce,
              chi non risponde
              quando gli chiedono
              qualcosa che conosce.
              Evitiamo la morte a piccole dosi,
              ricordando sempre che essere vivo
              richiede uno sforzo
              di gran lunga maggiore
              del semplice fatto di respirare.
             Soltanto l’ardente pazienza porterà
             al raggiungimento della felicità.

Sabato 24 febbraio 2007

img033            L’altra sera ho visto il film “The constant gardener – la cospirazione” del brasiliano Fernando Meirelles. Tratto dal romanzo di Le Carrè “Il Diplomatico” e ambientato in Kenia, racconta la storia di un funzionario del Ministero degli Esteri di Sua Maestà Britannica che indagando, al fine di scoprire gli autori e le ragioni della morte della giovane moglie, si imbatte in un’oscura trama di traffici intorno ad un grosso affare di un' industria farmaceutica. In pratica, un’importante multinazionale aveva corrotto politici, funzionari e medici, sia kenioti che britannici, al fine di poter realizzare un programma di sperimentazione di un nuovo farmaco contro la tubercolosi sull’ignara popolazione locale che era, comunque, costretta ad accettare il trattamento pena l’esclusione da qualsiasi assistenza sanitaria. Anche il diplomatico pagherà alla fine con la vita per essersi “impicciato”.

               Il film, molto bello, mi ha fatto riflettere su quelle che potremo definire “vite a perdere”. Sono le vite della gente del sud del mondo, il cui valore sul piano sociale, economico, massmediatico, su quello dell’indignazione contro le ingiustizie è di molto inferiore rispetto a quelle delle persone del mondo “evoluto” che consuma, spreca, gode anche sulle loro sofferenze.

               Sono vite di riserva che non contano niente, sulle quali possono essere perpetrate le più grande nefandezze. Tanto, chi si preoccupa di loro? Chi si indigna per loro? La vita di un occidentale ben pasciuto non conta di più delle migliaia di bambini che ogni giorno in Africa muoiono di fame?

               Se muore qualcuno di noi (occidentale), in uno di quei paesi, tutti i tg, i siti internet, le radio, dedicano servizi su servizi, con inchieste, dibattiti sulla sua storia, su chi era, sulla sua personalità, addirittura sugli hobbies che aveva. Ma difficilmente si parla, se non quando siamo presi da attacchi di buonismo, o sotto Natale, dello scandalo di quei bambini che muoiono per denutrizione o delle malattie più varie, da noi magari debellate, solo perché le grandi multinazionali farmaceutiche si oppongono alla liberalizzazione dei brevetti.

               E’ come se quei bimbi non avessero un volto e un’anima.

               Ma quei bimbi ci interpellano e interpellano anche la nostra politica, perché la loro condanna un giorno potrebbe diventare la nostra condanna.

domenica, 11 febbraio 2007

             Stasera vorrei solo riportare un pensiero di Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, letto oggi e che mi ha particolarmente colpito e fatto riflettere:

“Dove l’uomo non si arrende di fronte al destino della necessità e si fa interrogante, lì si rivela la dignità della vita, il senso e la bellezza dell’esistere. Lì l’uomo si riconosce non come un condannato alla terra, ma in essa e per essa come un mendicante del cielo”.

venerdì, 09 febbraio 2007

            Sono cattolico, sposato, papà di un bambino di otto anni. Insomma, ho una famiglia cosiddetta “tradizionale”. Eppure non credo che la mia famiglia possa perdere qualcosa o addirittura sentirsi ferita dal riconoscimento di alcuni importanti diritti a persone che vivono i loro rapporti affettivi in una condizione diversa dalla mia.

            Regolare giuridicamente le convivenze, che ormai sono frequentissime nella nostra società anche tra coppie etero sessuali, rappresenta un passo di enorme civiltà. Pensiamo a situazioni nelle quali due persone si sono volute bene per anni, hanno affrontato durissime prove insieme come l'assistersi ed il confortarsi reciprocamente nel corso della malattia, magari anche grave, hanno condiviso insomma gioie e dolori per un lungo tratto della loro vita. Magari hanno fatto ciò nella solitudine, perché sono stati abbandonati da tutti i loro parenti perché “non politicamente corretti”, perché fuori dalla “normalità”, perché si sono vergognati di loro.  Non è giusto che queste persone possano vantare dei  diritti di carattere successorio o riguardanti l'assistenza sanitaria o relativi ad altri diritti civili derivanti direttamente dalla loro condizione di convivenza? In cosa un tale riconoscimento scardina l'idea comune di famiglia?

            Il rifiuto dei patti di convivenza civile nasconde di frequente forme di ipocrisia, da parte di persone che loro stesse vivono condizioni di convivenza fuori dal matrimonio. Si tratta di persone che formalmente “difendono” l'idea tradizionale di famiglia, ma sostanzialmente tradiscono il principio proclamato con la vita vissuta. Con una sola differenza, godono di strumenti economici e politici che li tengono al riparo dai problemi che altre persone nella loro stessa condizione devono affrontare e subire senza potersi appellare a niente. Molto spesso il rifiuto è dettato solo dal desiderio di compiacere alle posizioni ufficiali della Chiesa Cattolica.

            Il legislatore però deve occuparsi di tutti i cittadini, di quelli cattolici, che tra l'altro non so quanto effettivamente condividano la posizione di chiusura della Chiesa, (io per esempio non la condivido) e di quelli che cattolici non lo sono. Il nostro stato è uno stato laico, non confessionale, ed anche i cattolici in politica devono operare tenendo fortemente in considerazione questa natura di laicità. E' legittimo che la Chiesa “ufficiale” esprima il suo pensiero, ma è altrettanto giusto che il Parlamento si adoperi per trovare soluzioni che, nel leggere le esigenze di una moderna società, possano condurre all'accrescimento dei diritti dei cittadini, nel pieno rispetto della dignità di ogni persona e della sua condizione sociale.  

domenica, 14 gennaio 2007

 
            La terribile vicenda di Erba ci ricorda come il male sia sempre in agguato, pronto ad annebbiare, fino ad oscurare, la mente ed il cuore dell’uomo.

Ma non c’è niente di nuovo sotto il sole. La lotta tra il bene ed il male affonda nella notte dei tempi. Caino uccise suo fratello Abele per una stupida storia di gelosia umana.

Non sono d’accordo con chi, molto semplicisticamente e retoricamente sostiene che certi fatti succedono perché viviamo in una società senza più valori. Non è assolutamente vero, anzi proprio una maggiore coscienza del valore della vita ci fa interrogare sul perché di tanta brutalità, sul perché, dopo secoli e secoli di cammino, l’uomo non riesca a trovare altra soluzione ai suoi problemi che l’eliminazione e la distruzione fisica dei suoi simili.

Non penso che sia la mancanza di valori della società moderna a scatenare gli istinti primitivi dell’uomo. Nei secoli passati, in nome anche di valori “supremi”, sono stati commessi atroci crimini “legalizzati”. Forse la verità è che l’uomo continua ad essere, come lo è sempre stato, “homo homini lupus”, cioè un lupo per l’altro uomo.

I sistemi giuridici, anche quelli di origine religiosa (come i dieci comandamenti) sono nati proprio per limitare l’arbitrio nelle attività umane, per formulare regole che potessero garantire la pacifica convivenza tra gli uomini prevedendo anche dure punizioni per scoraggiare i comportamenti violenti. Ma, come la cruda realtà ci dimostra, a volte non sono sufficienti perché il male riesce ad impossessarsi dell’uomo e a provocarlo fuori da ogni ragione.   

Allora non resta altro che rimanere ancorati a Dio, Lui che è il Bene assoluto, Lui che solo è la nostra stella luminosa che segna il cammino anche laddove le tenebre sembrano avere la meglio.

Ma le tenebre non prevarranno, perché Dio è più grande.

Il 2007 che sogno

domenica, 31 dicembre 2006

Nel 2007 che sogno:

  • la guerra, terribile scandalo dell’umanità, sarà bandita in tutto il mondo;
  • sarà vietata la produzione e lo scambio di qualsiasi genere di armi;
  • i soldi, prima impiegati nella produzione e nel commercio delle armi, saranno investiti per liberare i poveri del mondo dalla loro indigenza;
  • nessuno morirà più di fame, tanto meno i bambini;
  • nessun uomo alzerà più la propria mano contro un altro uomo;
  • la pena di morte sarà abolita in tutto il mondo;
  • la mafia sarà cancellata dalle nostre terre e dalla faccia della terra;
  • in Calabria non ci sarà più disoccupazione e tutti potranno lavorare, investire, progredire liberamente, senza paura di essere taglieggiati, di avere distrutta la propria famiglia e danneggiati i propri beni.  

Buon 2007 a tutti.

 

sabato, 23 dicembre 2006

 
            Sono veramente addolorato per la decisione del Vicariato di negare i funerali in chiesa a Piegiorgio Welby.  

            La ritengo una scelta incomprensibile, una scelta negatrice di carità e di misericordia cristiana, di quella carità e quella misericordia ripetutamente evocata dai pulpiti delle nostre chiese cattoliche. Penso che rappresenti un atteggiamento di chiusura che non fa bene al cattolicesimo.

Ma possibile che coloro che assumono queste decisioni non riescono a porsi una fondamentale domanda: come si sarebbe comportato Gesù?

            Gesù avrebbe accarezzato il volto di Piergiorgio, lo avrebbe amato incondizionatamente, avrebbe pregato con sua moglie. Non gli avrebbe girato le spalle, negandogli la consolazione e il viatico per l’ultimo viaggio, quello che lo farà incontrare con Dio a cui solo è riservato il giudizio finale sulle nostre esistenze.

             Che tristezza, che delusione. Siamo capaci di “onorare” con celebrazioni funebri dittatori sanguinari e mafiosi, ma facciamo i duri e puri con Piergiorgio.

            Come sarebbe stato bello dire: “Caro Piergiorgio, magari non condividiamo la tua scelta, ma ti vogliamo bene e invochiamo il Signore perché apra le Sue braccia e ti accolga con misericordia”.

            Che malinconia quando ci comportiamo come sepolcri imbiancati.

Gesù, Lui che ha perdonato i suoi assassini, anche se avevano “deliberatamente” richiesta ed eseguita la Sua crocifissione, tornando sulla terra, riconoscerebbe la Sua Chiesa?

Caro Piergiorgio, io pregherò per te. Buon viaggio.

domenica, 10 dicembre 2006

 
Oh Signore, tu che sei il papà di tutta l’umanità.

Tu che sei il papà degli ebrei e dei cristiani,  dei mussulmani e dei buddisti.

Tu che sei il papà di tutti quelli che sono alla ricerca della verità sul mondo e

sugli uomini.

Tu che sei il papà dei non credenti.

Tu che ci ami, senza alcuna distinzione.

Colmaci della Tua pace.

Donaci speranza.

Allontana i fragori della violenza e delle guerre.

Infondici la Tua sapienza, perché nessuna mano possa essere armata nel

Tuo nome, perché nessun uomo possa usare violenza nei confronti del suo

simile in Tuo nome.

domenica, 08 ottobre 2006

Sono cattolico praticante. Fino a pochi giorni fa non avevo alcun dubbio: no all’eutanasia.

Il drammatico appello di Piergiorgio Welbi al Capo dello Stato mi ha spinto a chiedermi se la mia posizione fosse ancora sostenibile, di fronte alla richiesta di una persona che non riesce più a sostenere il peso di una sofferenza fisica e psicologica che trasforma il corpo in una zavorra che non consente più di vivere in maniera pienamente dignitosa. Ed allora mi sono confrontato. Prima di tutto con mia moglie che ha, al riguardo, un pensiero completamente diverso dal mio. Lei sostiene il diritto di autodeterminazione di ogni uomo, per cui la persona deve essere sempre lasciata libera di decidere della sua vita. Poi, con le posizioni di tante altre persone e con quelle della Chiesa.

Mi domando se non sia un atto di profonda carità sollevare una persona, quando ormai non esiste più alcuna speranza, da dolori indicibili, dal proseguire un’esistenza che è diventata solo un’inesorabile agonia. Mi chiedo se il Signore, nella sua misericordia e nel suo amore, possa imputare a colpa il desiderio di un suo figlio che soffre e che è fiaccato definitivamente nella sua capacità di sopportazione. Il Signore è il Dio della gioia, non del dolore. Anche San Francesco ha chiamato la morte “nostra sorella”.

Mi domando se c’è qualche differenza sostanziale e non solo nominalistica tra “testamento biologico” ed eutanasia.

Mi domando: se un giorno toccasse a me, cosa chiederei ai miei cari?

Mi domando…

Poi oggi, guarda caso, la trasmissione radiofonica di Radiouno “Oggi 2000” si è occupata dell’argomento. Un professore ha raccontato la sua esperienza di malato di SLA (una forma gravissima di sclerosi progressivamente invalidante). Lui, grazie alla fede, ha trovato la forza di convivere con la sua malattia ed un equilibrio interiore che gli consente di apprezzare ogni momento vissuto, che gli fa apprezzare e valorizzare cose che prima riteneva insignificanti, che ribalta la sua gerarchia dei valori. Anche lui si è posto una domanda: se lo Stato, attraverso servizi di assistenza medica, domiciliare e familiare efficienti e umanizzanti, favorisse il vivere in maniera più dignitosa anche le condizioni di sofferenza estrema, quante persone penserebbero effettivamente di chiedere l’eutanasia?

Lui dice assolutamente no all’eutanasia. Riconoscere l’eutanasia potrebbe voler dire: laviamoci le mani da ogni forma di responsabilità sociale, ognuno decide per sé.

Il professore ha una grandissima forza morale. Ma a chi non rimane neanche questa?

Rimango, comunque, contrario all’eutanasia.

Ma, mi domando…

sabato, 03 giugno 2006

Non pregare Iddio
prima della battaglia,
signor generale,
nè lei, signor presidente,
prima della guerra che vuole scatenare
contro un popolo di fatto innocente:
non preghi per niente.
Il Dio che vuoi pregare non sta
con coloro che armati procedono
allo sterminio di un nemico,
reale o fabbricato,
perchè sempre Lo toverai
fra le macerie di un villaggio distrutto
dalle tue bombe,
e lo troverai che tiene fra le braccia
il bambino che hai privato
dei suoi genitori...
Il Dio dell'amore universale
non è tecum
nè contro di te:
quel Dio è contro ogni violenza.

(Davide Melodia  1920-2006)


 martedì, 16 maggio 2006


Gabriel García Márquez si è ritirato dalla vita pubblica per ragioni di salute: cancro linfatico.

            Ora sembra che sia sempre più grave. Ha spedito una lettera di congedo ai suoi amici pervenutami tramite la rete, che vi giro, sperando di far cosa a voi gradita.

 Se per un istante Dio si dimenticasse che sono una marionetta di stoffa e mi facesse dono di un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto ciò che penso, ma penserei a tutto ciò che dico.

 Valuterei le cose, non per il loro valore, ma per ciò che significano.

Dormirei poco, sognerei di più, essendo cosciente che per ogni minuto che teniamo gli occhi chiusi, perdiamo sessanta secondi di luce.

Andrei avanti quando gli altri si ritirano, mi sveglierei quando gli altri dormono.

 Ascolterei quando gli altri parlano e con quanto piacere gusterei un buon gelato al cioccolato.

 Se Dio mi desse un pezzo di vita, mi vestirei in modo semplice, e prima di tutto butterei me stesso in fronte al sole, mettendo a nudo non solo il mio corpo, ma anche la mia anima.

 Dio mio se avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei l’arrivo del sole. Sulle stelle dipingerei una poesia di Benedetti con un sogno di Van Gogh e una canzone di Serrat sarebbe la serenata che offrirei alla luna.

 Annaffierei le rose con le mie lacrime per sentire il dolore delle loro spine e il rosso bacio dei loro petali.

 Dio mio se avessi un pezzo di vita, non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che amo, che le amo. Direi ad ogni uomo e ad ogni donna che sono i miei prediletti e vivrei innamorato dell’amore.

Mostrerei agli uomini quanto sbagliano quando pensano di smettere di innamorarsi man mano che invecchiano, non sapendo che invecchiano quando smettono di innamorarsi!

 A un bambino darei le ali, ma lascerei che imparasse a volare da solo.

 Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia, ma con la dimenticanza.

 Ho imparato così tanto da voi, Uomini...  Ho imparato che ognuno vuole vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.

 Ho imparato che quando un neonato stringe per la prima volta il dito del padre nel suo piccolo pugno, l’ha catturato per sempre.

 Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall’alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi.

Da voi ho imparato così tante cose, ma in verità non saranno granchè utili, perchè quando mi metteranno in questa valigia, starò purtroppo per morire.

Dì sempre ciò che senti e fa’ ciò che pensi.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti guardo mentre ti addormenti, ti abbraccerei fortemente e pregherei il Signore per poter essere il guardiano della tua anima.

 Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei un bacio e ti chiamerei di nuovo per dartene altri.

 Se sapessi che oggi è l’ultima volta che sento la tua voce, registrerei ogni tua parola per poterle ascoltare una e più volte ancora.

Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti che ti vedo, direi “ti amo” e non darei scioccamente per scontato che già lo sai.

Sempre c’è un domani e la vita ci dà un’altra possibilità per fare le cose bene, ma se mi sbagliassi e oggi fosse tutto ciò che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti amo, che mai ti dimenticherò.

 Il domani non è assicurato per nessuno, giovane o vecchio. Oggi può essere l’ultima volta che vedi chi ami. Perciò non aspettare oltre, fallo oggi, perchè se il domani non arrivasse, sicuramente compiangeresti il giorno che non hai avuto tempo per un sorriso, un abbraccio, un bacio e che eri troppo occupato per regalare un ultimo desiderio.

Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il tempo per dirgli “mi spiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci.

Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti. Chiedi al Signore la forza e la saggezza per esprimerli. Dimostra ai tuoi amici e ai tuoi cari quanto sono importanti.


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Se non lo fai oggi, domani sarà uguale a ieri.
E se non lo farai mai non importa.
Il momento è adesso.

Saluti con tanto affetto !!!!

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